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Brano
tratto da "LA LUCE SCOMPARSA"
La
luce dei fari del fuoristrada tagliava il ventre della notte gelida. Il
suo morso si richiudeva sul lunotto termico, costantemente acceso.
Il freddo penetrava fin sotto il berretto di pelliccia di Roy, stringendo
in un cerchio dacciaio i brandelli di malinconici pensieri, non
ancora assopiti per il lungo e noioso viaggio.
Roy rabbrividì. Questa brutta sensazione non lo abbandonava, solidificata
in un velo di ghiaccio.
Era irritato per la fatica che lo oberava, senza trovare una via duscita.
Rallentò la corsa. Quando il tachimetro arrivò sui venti
chilometri orari, inserì il pilota automatico. Aprì lo sportello
e scese, correndo accanto allautomobile che illuminava il percorso.
La neve scricchiolava tristemente sotto gli stivali di pelliccia, conservando
il ricordo del suo passaggio accanto alle impronte degli pneumatici.
Laria secca, cristallizzata dal freddo fino allultimo filo,
pungeva le gote non rasate da una settimana. Nonostante tutto respirava
bene.
La corsa diede energia al cuore e al corpo, intorpidito dopo la lunga
permanenza al volante.
Riprese le forze, e un piacevole calore fluì per le sue membra.
Avvertì un senso di leggerezza, come se di colpo il fardello implacabile,
onusto danni, si fosse alleggerito. Si sentì trasportato
in un sogno, fra nuvole di cotone, dove sedeva pigro un sole raggiante.
Il calpestio dei piedi sulla neve scalciava questi impercettibili ricordi.
Linfanzia luminosa si dileguò. Così rimasero indietro,
nel buio congelato, gli anni delladolescenza, delle speranze della
gioventù, delle prove della vita e dei primi errori.
Mentre correva si avvicinava alla sua età: fino a quarantadue anni,
che compiva proprio quel giorno. Aprì la portiera dellautomobile,
e saltò sul sedile per riposare. Gli pneumatici scivolavano sulla
neve meno compatta.
- Forse è un ruscello, o un piccolo lago congelato - pensò.
Si accomodò e prese la cartina del luogo.
Dopo un breve calcolo mentale del tempo trascorso, dedusse che da lì
a poco avrebbe percorso tutta la pianura, e sarebbe giunto ai piedi di
una collina.
Roy staccò il pilota automatico e accelerò.
Dopo circa un quarto dora, la luce dei fari illuminò alcuni
tronchi, nudi e congelati. I rami si abbracciavano e si intrecciavano
luno allaltro, come orfani che si sostengono per non crollare.
Questo lo riportò allimmagine di un vecchio cimitero di campagna
abbandonato, solitario, con croci inclinate dal peso del tempo.
- Non credo che per oggi possa trovare un posto più accogliente
per fare una sosta - pensò Roy fra sé avvicinandosi al boschetto
desolato ai piedi della collina.
Fermò lauto e prese dal bagagliaio unaccetta.
Un paio di alberi ghiacciati fino alle radici caddero sotto i colpi della
scure.
Sistemò un bivacco, e i ciocchi per riscaldarsi e preparare da
mangiare. Le fiamme avvolsero la legna al primo starnuto dellaccendino.
Le lingue di fuoco lavvolgevano, salivano affamate di libertà
e con avidità fagocitavano i rami rinsecchiti dal terribile freddo.
Roy tornò alla macchina e prese dallo zaino una scatola di fagioli,
un pezzo di cinghiale affumicato e una bottiglia di whisky scozzese Grants.
Spense i fari, e dalle tasche della pelliccia di volpe prese un fazzoletto,
che stese accanto al fuoco per farne una tovaglia. Vi sistemò la
carne, poi con un coltello a serramanico tagliò delle fette sottili
con la lama affilata. In tutta calma svitò il tappo della bottiglia
e diede il primo sorso ghiacciato che bruciò nella sua gola. Anche
il fuoco prendeva forza. Respirava calorosamente, come a lottare contro
il freddo e il buio, che indifferente e silenzioso non rispondeva al suo
attacco. Neanche le innumerevoli costellazioni del cielo lo disturbavano.
Era il trentottesimo anno da quando loscurità copriva completamente
il pianeta. La catastrofe accadde allimprovviso. Un giorno il sole
tramontò, e il buio della notte non diede il passo allalba.
In quel lontano giorno senza mattino, tutti pensarono che leclissi
solare fosse il solito capriccio della natura, la sua solita breve malattia.
Forse, invece, era la fine del mondo!
Il ritardo inusitato dellinizio della giornata fu guardato come
un miracolo. Le strade delle città rimasero illuminate dalle luci
dei lampioni e dalle vetrine dei negozi. La luce fluiva per le vie e dalle
finestre delle case e dei locali che si svegliavano. Continuava a scorrere
attraverso scie luminose lasciate dai fari di migliaia di automobili guidate
dalla gente semi-addormentata.
Nella metropolitana non si percepiva niente di strano. Alcuni passeggeri
negli autobus guardavano attoniti gli orologi e stupidamente chiedevano
ad altri che ora fosse. Nessuno sapeva rispondere e continuavano a far
cadere la testa addormentata sulla spalla sconosciuta del vicino, fino
a quando non giungevano alla loro fermata.
Eppure i mezzi di comunicazione non avevano annunciato alcuna eclissi
o fenomeno solare.
Leccezionale oscurità non suscitava paura, aleggiava solo
la curiosità. Tutti volevano conoscere la causa dello strano fenomeno,
e fino a quando sarebbe durato.
(...)
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Vladimir
G. Londini è un nome d'arte, ispirato
all'autore dall'Ignoto, del quale, in tutta la sua vasta produzione letteraria,
si occupa. Infatti, dalle commedie alle fiabe, alla narrativa più
profonda, la passione di Vladimir G.Londini è legata alla ricerca
e alla speculazione intellettuale proprie dei labirinti dell'essere e
dell'apparire della dimensione umana.
In
Italia ha pubblicato anche Sulle
scale dell'Infinito e "Sulla
fronte non toccata dal tempo" (romanzi - Cicorivolta 2009)
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