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Drunduljetka

Ovvero: l’auto dei sogni di ogni bimbo, più o meno l’auto di Topolino ma mezza scassata. Generalmente appare solo nella fantasia,
ma a volte capita di vederla sfrecciare anche nella realtà; deve avere un bel po’ di anni e lasciare nell’aria puzza di benzina mal bruciata almeno per cinque minuti.

 

 

 

titolo: "DRUNDULJETKA"
collana temalibero
autore Francesco Bonfanti
ISBN 978-88- 95106-25-0
€ 12,50 - pp.131 - © 2008 in copertina “The black shoes” by Alessandro Ansuini, adattamento di Phab Postini


Katia detta kartoski (patata) è una giovane donna incinta che ha vissuto fino a sette anni in un orfanotrofio di Minsk,
in Bielorussia.
A bordo di Drunduljetka o Tka, la sua “auto magica”, la protagonista ripercorre le angosce di un passato ancora sin troppo presente, quando tra “viaggi” fantastici e premonizioni che puntualmente si avveravano, ha imparato a sopportare la dura vita in istituto ma soprattutto a ridere, a sperare e a non avere più paura.
Il tutto si mescola alla serena quotidianità di donna cresciuta con amore in una famiglia di genitori adottivi italiani e le speranze che ogni mamma nutre per il futuro della creatura che porta in grembo.



 

Brani tratti da "DRUNDULJETKA"

Kartoski


Il mondo deve avere un gemello, oppure è diviso a metà, per lungo o per traverso non saprei, ma sono certa che di giorno viviamo da una parte e di notte dall’altra: ambienti totalmente diversi ma identici protagonisti. Un mondo è più razionale e regolamentato, suo fratello gemello invece è più bizzarro, senza regole ed estremo, più vicino alla fantasia che alla realtà, anche se i sentimenti vissuti dai personaggi sono quelli di sempre: amore, passione, fortuna e sfortuna, voglia di gioco, d’essere felice o di pianti liberatori.
Tutti, di giorno vivono nel mondo di destra o quello di sopra se preferite, di notte in quello di sinistra o che sta sotto; pochi riescono a capirlo, preferiscono dire che di notte hanno sognato. Nella realtà che abbiano sognato è vero, ma chi lo sa se di giorno o di notte?
Dico questo perché, dalla nascita, ventotto anni e qualche mese, la mia vita è radicalmente cambiata. Devo ammettere che alcune cose già vissute si ripetono, riportandomi allo stesso stupore di allora, quasi ci fosse un filo conduttore tra un mondo e il suo gemello, tra il passato e il presente.
Capita, a volte capita: a me è successo.

Una prova?
Ci sto seduta sopra e mi porta a spasso ovunque, ogni giorno, da sempre.
Fiat Multipla ELX, 115 cv, argento still, sei posti di stoffa blu, anni diciassette e lascia un alone di gasolio nell’aria al suo passaggio.
Mi chiamo Katia con la K, detta Kati, Kartoski o Karto, abito in un paese che sembra un puzzle di Inghilterra posata dagli angeli in provincia di Bergamo, Italia. Dai sette anni in poi sono cresciuta in uno spicchio di terra dove il fiume Brembo entra nel fiume Adda in una specie di amplesso perenne, come dice mio padre.
Mio padre: tuttologo e laureato in sessuologia dell’essenza, fu con lui che mi confidai la prima volta e fu lui a convincermi dell’esistenza dei mondi gemelli come di una cosa accessibile a tutti coloro che ne avessero avuto bisogno.
Mio padre?
Mia madre?
Mio padre e mia madre, il vocabolario li cita così: il desiderio di essere tali senza mai pretenderlo come un riconoscimento dovuto, amore allo stato puro, dare senza chiedere, pazienza all’ennesima potenza, dolcezza, voce sicura, voce calda, incoscienza e prudenza, forza fragile, mitezza d’acciaio, professionisti delle coccole.
La mamma, occhi grigio azzurri come i miei. Il papà, capelli castano chiaro come i miei.
Porto l’orologio al polso destro e mi soffermo a leggere con il mento appoggiato nella palma della mano come lui. Come lei intercalo nei discorsi i suoi vocaboli preferiti e ho imparato a parlare con tutto quanto mi circonda.
Lui mi ha insegnato ad osservare, a muovermi tra le persone, a riconoscere ironia e ipocrisia, ad essere femminile anche se vestita come un maschio. Mia madre mi ha insegnato a portare pazienza, a liberare ogni sentimento, a lasciarmi andare, a riconoscere l’amore e a sentirmi donna sempre, anche quando la mia parte maschile fa la prepotente.
Eppure, i tipi descritti sopra, non mi hanno generata.
Non ho conosciuto chi mi ha fatto nascere, perché e dove: ricordo solo frammenti di persone e luoghi che non ho mai saputo collegare tra loro.
Ciò che invece ricordo bene, purtroppo, è tutto quello che vorrei dimenticare e non avere mai vissuto.
La mattina che mi hanno portata all’Orfanage n.4, con la promessa di lasciarmi solo una decina di giorni, è impressa nel mio DNA come un marchio a fuoco, una condanna a vita emessa in uno dei due mondi gemelli: l’unico che allora conoscessi. Ogni cosa che ho fatto, faccio e farò passa da quell’esperienza e si mette in conflitto con tutto quanto i miei genitori veri, quelli che mi hanno cresciuto ed educato, mi hanno insegnato.
Sapevo solo sopravvivere, eseguire e reprimere: non avevo scelta. Ora so anche vivere, disubbidire, comunicare e forse avere meno paura.


Alona Mikolva


Tutto accadde venticinque anni fa, quando non sapevo sognare né immaginare un futuro, non conoscevo l’esistenza dei mondi gemelli. Oggi invece so leggere nel mio passato e saltare da un mondo all’altro senza problemi o particolari traumi.

(...)


 

Francesco Bonfanti è nato nei giorni della famosa nevicata del '56, soggiorno e cucina condivisi con le famiglie di tutti i figli del nonno materno e la camera da letto qualche isolato più in là.
Tanto sport agonistico, una piccola band e politica locale per tirare i trent'anni.
La notte di San Silvestro dell'anno 1992 gli appare “la luce” che ha illuminato i Blues-Brothers. Inizia a scrivere e dal quel giorno non smetterà più.
Nel 1996 con “La luna del Trambai” vince il premio della giuria popolare nel concorso “Crespi d'Adda sulle orme del mistero”.
Il 15 novembre 2000 arriva Kristina: è il momento più importante della sua vita.
Nell'aprile del 2002, con “Minsk 20/02/2002” è tra i sette vincitori del concorso “Un mercoledì palindromo” indetto dal Corriere della Sera on-line.
Nell'estate 2004, con
“Una manciata di cioccolatini”,
riceve una segnalazione al merito nel concorso “Cioccolato… passione” della Novi.
Nel 2006 piazza due racconti, “Nevrosi” e “Una pallottola nel cervello” tra i primi 30 nel concorso
“Vivi la tua città” di Vivi Milano.

Questo è il suo primo libro.