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'DOPPIO UNO (a margine di un omicidio brigatista)', breve storia di fantasmi, paranoia e pedinamenti. Intervista con l'autore Giacomo Scalfari.

di Ivan Carozzi


Appena uscito per i tipi della Cicorivolta Edizioni, 'Doppio UNO (a margine di un omicidio brigatista)', è innanzitutto una storia che, per quanto inquietante, kafkiana, prende spunto da fatti realmente accaduti. Tutto comincia a prendere forma a Genova, nel corso del G8 dell'estate 2001. Poi, un paio di mesi dopo, ci sono le torri che crollano. Le polizie di tutto il mondo, inclusa quella italiana, cominciano ad investire gran parte delle proprie risorse umane ed economiche nella difesa dal moloch terrorista. Si moltiplicano contatti, abboccamenti, sinergie fra le intelligence di mezzo mondo. In Italia, poi, nel marzo 2002, assistiamo con l'omicidio Biagi ad una recrudescenza del brigatismo rosso, sebbene vi fosse già stato l'omicidio D'Antona nel '99. E comunque è proprio in questo passaggio che la vicenda di Pietro, il protagonista di 'Doppio uno' e alter ego dello scrittore, conosce una drastica accelerazione. Pietro infatti è un militante di una formazione di estrema sinistra, che ha sempre agito alla luce del sole e che tuttavia, un giorno, del tutto inaspettatamente, viene a trovarsi indicata sulla mappa di tutte quelle sigle che vengono date come fiancheggiatrici o parallele alle BR. Da quel momento, Pietro comincia a scorgere delle ombre, degli spettri, delle sagome. Le vede appostate nei bar, all'uscita del cinema, dentro a macchine parcheggiate, dentro agli scompartimenti del treno, sul posto di lavoro. Sulle prime pensa di avere delle allucinazioni, di essere impazzito, come accade per i personaggi di certi film, poi comincia a realizzare ciò che probabilmente è la verità: lui è un uomo pedinato. E lo resterà per molto tempo. Il libro racconta appunto la vicenda di un ragazzo, di un normale studente, appassionato di fantasy e giochi di ruolo, che non ha nulla da nascondere, e che pure per un lungo periodo vedrà intorno a sé muoversi un numero molto consistente di barbefinte e altri personaggi, per lo più umbratili, dallo sguardo gelido e sfuggente. Una vicenda, tra l'altro, attraversata in completa solitudine, visto che Pietro fatica a convincere anche i suoi stessi compagni dello scenario grottesco e paradossale che gli è stato allestito intorno.
-Giacomo, sei sicuro di quello che hai scritto?
Certo. La garanzia che posso dare, però, è solo la mia parola. Chi mi è stato addosso, ovviamente, lo sapeva, ed è per questo che ha continuato a farlo per lungo tempo in assoluta disinvoltura.
-Che effetto fa sentirsi pedinati?
Un brutto effetto. Forse il dato più negativo è che la consapevolezza di ciò che ti sta accadendo non puoi condividerla con nessuno. Se ci provi, il più delle volte passi per mezzo matto.
-Che idea ti sei fatto, invece, della polizia di stato?
Io non so chi fosse quella gente così interessata ai miei passi. Polizia? Carabinieri? Servizi? Posso avanzare delle ipotesi, ma niente di più. Ritengo però che, in generale, le forze dell'ordine non si facciano alcuno scrupolo quando si tratta di "marcare a uomo" un militante extraparlamentare.
-Nel libro i diversi riferimenti storici, e cioè il nome di Biagi, della Lioce, etc., sono tutti leggermente alterati. Allo stesso modo, il luogo dell'azione è un'immaginaria Crisopoli, che tuttavia non fatichiamo a riconoscere nella città di Parma. Perché questa scelta, visto che racconti circostanze realmente accadute?
Le circostanze sono reali, ma le conclusioni che io ne traggo sono ipotetiche e del tutto personali. Inoltre "Doppio uno" non vuole essere solo un libro cronachistico. I fatti che si narrano sono per certi versi un pretesto per affrontare temi esistenziali come la paura, la solitudine, il fato, la lotta impari… e perché no, l'immaginazione come risorsa per opporsi a tutto questo.
-Da quanto tempo militi nell'estrema sinistra e di che tipo di organizzazione si tratta?
Milito da circa dodici anni in un partito comunista extraparlamentare che ha sempre agito alla luce del sole. Ritengo che la gente che mi è stata addosso per tanto tempo non possa dire altrettanto.
-Perché su quanto ti è accaduto hai preferito scrivere un libro, fra l'altro dai contorni molto sfumati, nebbiosi, talvolta lievemente irreali, piuttosto che chiamare un po' di giornali e raccontargli tutto?
Credo che sarebbe servito solo a farmi dare del paranoico anche dai giornalisti, oltre che da amici e compagni.
-A parte 'Doppio Uno', hai già scritto diversa narrativa. Che cosa stai preparando adesso?
"Doppio Uno" è un libro che io non avrei mai voluto scrivere, ma che ho ritenuto di dover scrivere perché, come già disse qualcuno, la verità è rivoluzionaria e va dunque onorata fino in fondo. Se il mondo feroce in cui viviamo me lo permette, vorrei tornare al fantasy e alla mitologia, che sono la mia passione più autentica...