blocknotes
 
 

 

 

ordinalo senza spese di spedizione

 


 

 

titolo: "IBRIDI"
collana blocknotes
autore Fabio Carroccia
ISBN 978-88- 95106-95-3
€ 12,00 - pp.175 - © 2010


 

Siamo oggetti di carne e ossa assemblati in serie
In qualche fabbrica sconosciuta.

Ci identifichiamo in gruppi di pensiero,
in classi politiche e sociali
per sentirci diversi ed unici.

Ci raduniamo in branchi, come bestie,
Solo per non sentirci soli.

 


... e di Fabio Carroccia, trovi anche UBRIACHI (racconti al massimo della potenzialità alcolica)
 

Brano tratto da "IBRIDI"

“Non ci salveremo”

Dal cielo scende una pioggia di vomito e catarro.
Scende immondizia, brandelli umani, animali, brandelli e basta.
Ci ripariamo sotto la veranda semidistrutta di una casa in campagna.
Da coppe di porcellana sporche e scheggiate beviamo un vino scadente, mangiamo gallette di riso piene di vermi.
Mangiamo fumando, senza problemi, le sigarette si ammassano creando mattoncini su mattoncini di muco.
Il muco si glassa alla base della nostre gole.
Ma in fondo che ci frega, per quel che ci resta da vivere anche questo è un piacere della vita.
Ci fissiamo, sempre, noi tre o forse quattro, qualche volta cinque.
Ci fissiamo e parliamo, i nostri discorsi vecchi e fuorimoda.
Drogati dalla voglia di parlare del nostro passato, raccontando inebriati i nostri vecchi ricordi di vita.
Come se nella vita si potesse vivere di soli ricordi.
Eppure, quando non riesci a vedere un futuro sono proprio i ricordi che ti tengono in vita, almeno puoi consolarti che non è stato sempre cosi, la nostra vita non ha fatto sempre così schifo, un tempo si poteva sorridere, si poteva credere, si poteva per giunta vivere.
Ma guardaci oggi.
Siamo randagi. Immondizia. Balordi.
Persone senza morale, senza giudizio, senza denti.
Fino a che siamo vivi abbiamo un’anima, ed anche se la nostra anima è sporca, torbida, ciò non toglie che sia viva, di conseguenza ci tiene in vita, forse stanca anche lei, stanca di essere una derelitta delle nostre vite paralizzate.
Quando eravamo bambini non pensavamo mai a tutto questo, non credevamo mica che la nostra vita sarebbe diventata quello che è oggi.
In passato ci siamo sempre immaginati come future persone di successo, personaggi di spicco della città, non contorno, non avanzi di cibo vecchio di due giorni.
Non residui organici, non vermi metropolitani. Niente. Nulla di tutto ciò.
Il bello è che se pensi a come va il mondo oggi si fa davvero fatica a capire chi ha fallito nella nostra vita, se noi o il genere umano, oppure quello animale.
Noi siamo rimasti in vita in una terra di mezzo, un limbo melmoso che contiene tutto il marcio di quello che resta di questo pianeta.
Pensaci un secondo, cosa, chi sei veramente?
Rifletti, riesci ad immaginarti con un numero in un fascicolo da catalogare?
Riesci ad immaginarti come un bidone dell’immondizia colla bocca aperta?
Pensaci sul serio.
Hai presente quando entri in un negozio, un negozio qualsiasi, mettiamo un negozio di scarpe.
Pareti piene di scarpe.
Immaginale, pareti piene di scarpe, tutte diverse, alte basse, colorate e di pelle, nere, di pezza di cuoio, come le vuoi come le desideri.
Alcune ti piacciono un po’, alcune da morire altre ti fanno schifo.
Ti compri le tue, e dopo di te uno va a comprarsi quelle che a te facevano schifo.
Perché è un discorso semplice, così, in ogni cosa materiale e non, cercano sempre di accontentarti, di renderti felice, di non farti preoccupare di altro, di placare il tuo istinto animale e così con dolcetti e caramelle pian pian ti addolciscono e ti ammazzano dentro.
Ti rendono un drogato, assuefatto da tutte queste cose, un schiavo dal padrone invisibile, un cane incatenato ad un guinzaglio dorato.
E certo dirai che bel guinzaglio, ma ciò non toglie che ci sei incatenato.
Il tuo giogo, la tua croce.
Guardale ora le tue cose, guardale bene.
Distrutte. Perse nel fango e nella merda animale.
Tutto bruciacchiato, morsicato, sporco ed inutile, coperto di preservativi usati, battuto da una pioggia acida.
Chiari segnali di un vecchio splendore, uno splendore che alberga in un ricordo drogato, tossine di pensiero che ti ritrovi incastrate in qualche anfratto cerebrale.
Tutto questo perché?
A quale scopo?
E adesso che credi? Cosa pensi? Sei davvero convinto, che noi, sotto questa veranda come tanti altri abbiamo raggiunto l’illuminazione, abbiamo capito?
Macché, anche adesso, anche oggi che siamo bambolotti usati l’unica cosa che riusciamo a pensare è che una volta era bello, una volta era tutto meglio.
La vecchia vita fatta di consumo, di nefandezze alimentari, di sogni sprecati, quella sì che era vita, pensiamo.
Quindi a che cosa è servito?
A niente, riesci a capire a niente, lo capisci?
A niente perché tanto non siamo stati capaci, non abbiamo avuto la forza di cambiare, di ridimensionarci, non lo abbiamo fatto quando ne avevamo la possibilità figurati se possiamo farlo adesso.
Ancora ci diciamo e sogniamo, sai, sarebbe bello vincere al superenalotto, sarebbe fantastico, peccato però che i numeri magici non ce li siamo nemmeno mai giocati, allora che cazzo lo sogni a fare un premio, una vita migliore se non fai nulla per cambiare.
Non potevamo sapere che saremmo finiti così, o forse lo sapevamo benissimo, ma tanto piangere sul latte versato non serve a nulla, quindi tanto vale essere noi stessi il latte versato, cosi almeno abbiamo un’identità, uno scopo.
La verità è che nessuno ci aiuterà, la verità è che siamo condannati.
Fattene una ragione, prima lo fai meglio è.
Ti aspetto qui, c’è una tazza scheggiata vuota, t’aspetto, la riempio e t’aspetto sfoggiando un sorriso marcio.



 

Fabio Carroccia, nato in provincia di Latina nell'84, ha pubblicato con Cicorivolta nel 2009 “UBRIACHI (racconti al massimo della potenzialità alcolica)”. Dice che scribacchia senza grosse pretese. Progetta una vita d'asceta.